Concetto
filosofico di limite (antico e moderno)
Il termine “lìmite” deriva dal sostantivo maschile della
terza declinazione latina “limes –mĭtis”, che indica un confine, una frontiera,
una linea terminale o divisoria. Con questo significato, però, la parola è oggi
poco comune o ha valore generico. Il concetto di limite era già presente
nell'antichità, per esempio in Archimede, ma è nel XVIII secolo che si diffonde
in tutta la filosofia, che si basa sull’indagine dei limiti della conoscenza. Infatti
è proprio in questo periodo che si diffondono due linee di pensiero: il
razionalismo, del quale il maggiore esponente fu Cartesio, e l’empirismo. Per
gli empiristi, attraverso i sensi possiamo conoscere la realtà, ma in questo
modo la conoscenza è costretta dal limite, in quanto tutta la nostra conoscenza
è basata sui sensi. Fra i tanti filosofi di questo periodo quelli che si
distinsero furono: Locke, che segnò i limiti del sapere umano affermando l’impossibilità
di conoscere l’essenza profonda delle cose; e Hume che, invece, affermò che la conoscenza sensibile non era utile
a determinare una causa. Ma con queste percezioni possiamo notare come vi sia
una sorta di degenerazione di entrambe le dottrine: infatti l’empirismo finisce
per diventare scetticismo; mentre il razionalismo, che si basa sull’esistenza
delle idee innate, finisce per diventare banale. Sarà poi Kant a risolvere
questo problema con la rivoluzione copernicana, introducendo il concetto di “limite
di noumeno”, che rappresenta ciò che non possiamo conoscere. Per quanto
riguarda la concezione di limite nell’ambito filosofico troviamo altri esempi
nei filosofi del cosiddetto Illuminismo europeo del ‘600/’700, che diffidano
dei sistemi, condannano le ipotesi non verificabili e posseggono come
caratteristica fondamentale la critica.
Tesi
di Latouche nel libro “Il Limite” e le concezioni della
decrescita felice
Stiamo ormai vivendo in un’epoca caratterizzata da forti
contraddizioni e incertezze, ancor più aggravate dalla crisi economica e
sociale che sta colpendo tutti gli angoli del mondo. Uno dei tanti esempi di filosofi
moderni, che si sono occupati del problema del “limite”, è stato Serge Latouche
che rivendica la liberazione della società occidentale dall’economia. Dopo uno
studio approfondito su questi temi, Latouche arriva alla conclusione che la
società tecnologica si dovrebbe impegnare per una società della decrescita,
fondata sulla qualità piuttosto che sulla quantità, sulla cooperazione
piuttosto che sulla competizione. Uno dei temi trattati da Latouche è quello
della decrescita felice, che è una critica ragionevole alle assurdità di
un’economia fondata sull’aumento di merci prodotte. È una rivoluzione culturale
che non accetta la riduzione della qualità alla quantità, ma che vuole
sviluppare quelle innovazioni tecnologiche che diminuiscono gli sprechi. Non
ritiene, per esempio, che la crescita della produzione di cibo che si butta,
della benzina che si spreca nelle code automobilistiche, del consumo di
medicine, comporti una crescita del benessere perché fanno crescere il prodotto
interno lordo, ma li considera segnali di malessere, fattori di peggioramento
della qualità della vita.
Teoria dello slow
food
Dal punto di vista culinario, è stata fondata nel 1986
un’associazione internazionale, la Slow food, che ha come obiettivo quello di
garantire l’uguaglianza delle ricette e dei sapori, a rispettare i ritmi delle
stagioni e del convivio.
Concetto di
frontiera (libro “Elogio delle frontiere” di Regis Debray, cosa intendono
Massimo Cacciari e Alessandro Grande)
Quando si parla di limite, non si può non parlare di
frontiera, dove per frontiera si intende una linea di confine, ufficialmente
delimitata e riconosciuta fra due organismi politici e dotata talvolta di
opportuni sistemi difensivi. Molti
scrittori si sono occupati di questo concetto, come Federico Simonti, Regis
Debray, Massimo Cacciari e Alessandro Grande. Il concetto di frontiera in effetti è quanto mai attuale,
anche se sembra andare contro la globalizzazione a cui siamo soggetti. Per
questo, Federico Simonti, nel suo libro intitolato “Invenzione della
frontiera”, si sofferma ad analizzare i confini materiali, politici o simbolici
a partire dalla storia e dalla definizione della parola frontiera, per passare
al rapporto che c’è tra libertà e sicurezza. Se il concetto romano di limes si
è poi consolidato in quello di Stato-Nazione, ora la globalizzazione dei
mercati ha creato confini più mobili ma più terribili. Un esempio importante di
frontiera/limite si ha con il muro di Berlino.
Regis Debray, nel suo “Elogio delle frontiere”, fa una constatazione
sul concetto di frontiera, denunciando le conseguenze che si avrebbero in un
mondo senza frontiere: un mondo globalizzato, ma non unificato, in cui si
tendono a cancellare le diversità e, persino al di là delle intenzioni, si
propone il pensiero unico. “Il tema delle frontiere sta tornando di grandissima
attualità, alla luce delle rivolte dei popoli arabi, delle difficoltà
economiche, dell'incerta identità europea” è la frase con cui comincia il suo
libro Regis Debray. Per Regis la frontiera diventa un limite da rivalutare, un
bisogno naturale dell’uomo e dei popoli, come custodia della propria identità
individuale e culturale. Oggi si tratta essenzialmente di creare dei confini
che, senza diventare delle divisioni nette, possano permettere di confrontarsi
con la diversità degli altri. Dopo i terribili attentati di Parigi, è stato
proposto di chiudere le frontiere. Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, è
stato uno dei pochi a condannare con fermezza una simile proposta, spiegando
che il problema principale, invece, è l'incapacità di fare adeguati controlli.
Nelle sue prime opere Massimo Cacciari sviluppa la sua riflessione che,
prendendo spunto da Nietzsche, identifica una società reazionaria incapace di
aprirsi alla modernità. Un’altra
opinione riguardo le frontiere è stata data da Alessandro Leogrande, che nel
suo libro ha affermato che “c’è una linea immaginaria eppure realissima, una
ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno è parte: è la
frontiera che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico, liberale
e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e
antidemocratico”.
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