giovedì 11 agosto 2016

Il Limite


Concetto filosofico di limite (antico e moderno)
Il termine “lìmite” deriva dal sostantivo maschile della terza declinazione latina “limes –mĭtis”, che indica un confine, una frontiera, una linea terminale o divisoria. Con questo significato, però, la parola è oggi poco comune o ha valore generico. Il concetto di limite era già presente nell'antichità, per esempio in Archimede, ma è nel XVIII secolo che si diffonde in tutta la filosofia, che si basa sull’indagine dei limiti della conoscenza. Infatti è proprio in questo periodo che si diffondono due linee di pensiero: il razionalismo, del quale il maggiore esponente fu Cartesio, e l’empirismo. Per gli empiristi, attraverso i sensi possiamo conoscere la realtà, ma in questo modo la conoscenza è costretta dal limite, in quanto tutta la nostra conoscenza è basata sui sensi. Fra i tanti filosofi di questo periodo quelli che si distinsero furono: Locke, che segnò i limiti del sapere umano affermando l’impossibilità di conoscere l’essenza profonda delle cose; e Hume che, invece,  affermò che la conoscenza sensibile non era utile a determinare una causa. Ma con queste percezioni possiamo notare come vi sia una sorta di degenerazione di entrambe le dottrine: infatti l’empirismo finisce per diventare scetticismo; mentre il razionalismo, che si basa sull’esistenza delle idee innate, finisce per diventare banale. Sarà poi Kant a risolvere questo problema con la rivoluzione copernicana, introducendo il concetto di “limite di noumeno”, che rappresenta ciò che non possiamo conoscere. Per quanto riguarda la concezione di limite nell’ambito filosofico troviamo altri esempi nei filosofi del cosiddetto Illuminismo europeo del ‘600/’700, che diffidano dei sistemi, condannano le ipotesi non verificabili e posseggono come caratteristica fondamentale la critica. 
Tesi di Latouche nel libro “Il Limite” e le concezioni della decrescita felice
Stiamo ormai vivendo in un’epoca caratterizzata da forti contraddizioni e incertezze, ancor più aggravate dalla crisi economica e sociale che sta colpendo tutti gli angoli del mondo. Uno dei tanti esempi di filosofi moderni, che si sono occupati del problema del “limite”, è stato Serge Latouche che rivendica la liberazione della società occidentale dall’economia. Dopo uno studio approfondito su questi temi, Latouche arriva alla conclusione che la società tecnologica si dovrebbe impegnare per una società della decrescita, fondata sulla qualità piuttosto che sulla quantità, sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione. Uno dei temi trattati da Latouche è quello della decrescita felice, che è una critica ragionevole alle assurdità di un’economia fondata sull’aumento di merci prodotte. È una rivoluzione culturale che non accetta la riduzione della qualità alla quantità, ma che vuole sviluppare quelle innovazioni tecnologiche che diminuiscono gli sprechi. Non ritiene, per esempio, che la crescita della produzione di cibo che si butta, della benzina che si spreca nelle code automobilistiche, del consumo di medicine, comporti una crescita del benessere perché fanno crescere il prodotto interno lordo, ma li considera segnali di malessere, fattori di peggioramento della qualità della vita.
Teoria dello slow food
Dal punto di vista culinario, è stata fondata nel 1986 un’associazione internazionale, la Slow food, che ha come obiettivo quello di garantire l’uguaglianza delle ricette e dei sapori, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio.  
Concetto di frontiera (libro “Elogio delle frontiere” di Regis Debray, cosa intendono Massimo Cacciari e Alessandro Grande)

Quando si parla di limite, non si può non parlare di frontiera, dove per frontiera si intende una linea di confine, ufficialmente delimitata e riconosciuta fra due organismi politici e dotata talvolta di opportuni sistemi difensivi.  Molti scrittori si sono occupati di questo concetto, come Federico Simonti, Regis Debray, Massimo Cacciari e Alessandro Grande. Il concetto di frontiera in effetti è quanto mai attuale, anche se sembra andare contro la globalizzazione a cui siamo soggetti. Per questo, Federico Simonti, nel suo libro intitolato “Invenzione della frontiera”, si sofferma ad analizzare i confini materiali, politici o simbolici a partire dalla storia e dalla definizione della parola frontiera, per passare al rapporto che c’è tra libertà e sicurezza. Se il concetto romano di limes si è poi consolidato in quello di Stato-Nazione, ora la globalizzazione dei mercati ha creato confini più mobili ma più terribili. Un esempio importante di frontiera/limite si ha con il muro di Berlino.  Regis Debray, nel suo “Elogio delle frontiere”, fa una constatazione sul concetto di frontiera, denunciando le conseguenze che si avrebbero in un mondo senza frontiere: un mondo globalizzato, ma non unificato, in cui si tendono a cancellare le diversità e, persino al di là delle intenzioni, si propone il pensiero unico. “Il tema delle frontiere sta tornando di grandissima attualità, alla luce delle rivolte dei popoli arabi, delle difficoltà economiche, dell'incerta identità europea” è la frase con cui comincia il suo libro Regis Debray. Per Regis la frontiera diventa un limite da rivalutare, un bisogno naturale dell’uomo e dei popoli, come custodia della propria identità individuale e culturale. Oggi si tratta essenzialmente di creare dei confini che, senza diventare delle divisioni nette, possano permettere di confrontarsi con la diversità degli altri. Dopo i terribili attentati di Parigi, è stato proposto di chiudere le frontiere. Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, è stato uno dei pochi a condannare con fermezza una simile proposta, spiegando che il problema principale, invece, è l'incapacità di fare adeguati controlli. Nelle sue prime opere Massimo Cacciari sviluppa la sua riflessione che, prendendo spunto da Nietzsche, identifica una società reazionaria incapace di aprirsi alla modernità.  Un’altra opinione riguardo le frontiere è stata data da Alessandro Leogrande, che nel suo libro ha affermato che “c’è una linea immaginaria eppure realissima, una ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno è parte: è la frontiera che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico, liberale e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico”. 

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