L’eredità degli stati preunitari
L’Italia, un paese arretrato
La
povertà era diffusa, in particolare
nelle campagne, accompagnata da fame e ignoranza. La mortalità infantile raggiungeva il 20%. Tre quarti della
popolazione era analfabeta. Il
territorio italiano era solo in parte adatto all'agricoltura: occupato per
circa due terzi da montagne, per il 20% era costituito da aree incolte o
paludose e vaste aree erano interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico. La grande maggioranza degli Italiani viveva
nelle campagne e il 70% della popolazione lavoratrice era dedita all'agricoltura, attività che incideva per
il 58% sul Prodotto lordo del paese. Negli stessi anni, la percentuale della
manodopera agricola era ad esempio, del 22% in Gran Bretagna, del 52% in
Francia e del 55% in Germania.
Esisteva già il divario tra Nord e Sud?
Le
differenze più vistose tra Nord e Sud del paese riguardavano:
·
le
diverse percentuali di analfabetismo,
con una maggiore presenza di analfabeti nel Sud;
·
la
viabilità, ovvero la maggiore
estensione della rete stradale e ferroviaria del Nord rispetto a quella del
Sud;
·
la
struttura della proprietà agricola,
con la presenza del latifondo al Sud,mentre al Nord si diffondevano le aziende
agricole moderne condotte con criteri capitalistici.
In
conclusione il Regno delle Due Sicilie era un paese in equilibrio economico
(diffusa era, come al Nord, la miseria ma non vi era emigrazione) la cui
politica si ispirava però ancora ai principi del mercantilismo secondo cui la
ricchezza nazionale era identificata con il possesso di metalli preziosi: da
qui l'azione dello Stato tesa a favorire le esportazioni (soprattutto agricole,
come grano e olio) e a ridurre il più possibile importazioni di manufatti
stranieri. Ne derivava un generale disinteresse per gli investi menti
nell'istruzione e nelle infrastrutture, come la costruzione di strade e
ferrovie premessa indispensabile al decollo industriale del paese
La destra storica al potere
Dal
1861 al 1876 l’Italia fu governata dalla «Destra
storica», cosi chiamata perchè, come la Sinistra di quel periodo, ebbe un ruolo «storico»
nella formazione dell'Italia. Di fatto la Destra storica occupò una posizione centrale nel
dibattito politico. Questi erano gli schieramenti parlamentari dell'epoca:
·
al
centro vi erano i moderati eredi di
Cavour (la Destra
storica), esponenti dell'aristocrazia
terriera;
·
la
destra in senso stretto era
costituita dai clericali e dai reazionari;
·
la
sinistra era formata dalla sinistra storica (mazziniani e
garibaldini) espressione per lo più della borghesia
cittadina.
Destra
e Sinistra storiche avevano una concezione liberale dello Stato, ma la Sinistra era di
impostazione più democratica: si trattava della destra e della sinistra liberale.
In Parlamento era rappresentata una piccola parte del paese: solo il 2% della
popolazione aveva diritto di voto, in base al censo e all'istruzione: non
c'erano dei veri partiti dotati di una struttura organizzata ma partiti di notabili, schieramenti politici
che raggruppavano gli eletti in Parlamento
Accentramento o decentramento?
Il
successore di Cavour alla presidenza del Consiglio fu Bettino Ricasoli. La
Destra storica dovette decidere l'assetto del nuovo Stato; le
soluzioni possibili erano due:
·
lo
Stato accentrato (sul modello della Francia napoleonica) che prevedeva un
forte controllo del governo centrale sugli enti locali;
·
lo
Stato decentrato (sul modello della Gran Bretagna) che lasciava ampie
libertà amministrative e giudiziarie agli enti locali.
Fu
scelto il modello di Stato accentrato. Il centralismo e l'estensione del
modello piemontese al resto della penisola indicavano come l'Italia fosse
considerata un'estensione del Regno di Sardegna. La Destra storica fu perciò
accusata di piemontesismo
Libero scambio e pareggio del bilancio
L'Italia
era uno Stato arretrato e il bilancio era in deficit. Per risolvere questi problemi la Destra storica:
·
avviò
una politica liberista favorendo il libero scambio sia all'interno del paese sia
verso l'esterno;
·
ricercò
il pareggio del bilancio per dare
credibilità all'Italia nell'ambito della comunità finanziaria internazionale e
attirare capitali stranieri, i quali avrebbero accelerato lo sviluppo
economico. A questo scopo vennero venduti terreni ecclesiastici e del demanio
pubblico. Ma soprattutto vennero introdotte pesanti imposte, in particolare indirette come la tassa sul macinato.
Il grande brigantaggio
Anche
la rivolta sociale esplosa nel Mezzogiorno dopo l'unificazione aveva spinto il
governo verso l'accentramento. Le masse popolari avevano sperato in un
cambiamento non solo politico, ma anche sociale, ed erano state deluse. Con
l'imposizione di nuove tasse e del servizio si scatenò la rivolta. Molte bande di
«briganti», spesso sostenuti finanziariamente dai Borboni, iniziarono una
guerriglia contro lo Stato, percepito come nemico. La Destra reagì con la repressione e con un massiccio invio di
truppe: ne seguirono stragi e rappresaglie da entrambe le parti. La Destra non volle quindi
considerare i problemi sociali alla base delle rivolte. Questo atteggiamento
alimento il diffondersi di fenomeni di malavita organizzata (come la camorra e la mafia, già esistenti che ancora oggi devastano il paese).
Il completamento dell’Unità d’Italia
Firenze capitale d’Italia
Veneto,
Trentino, Friuli Venezia Giulia, Lazio e soprattutto Roma non facevano parte
del Regno d'Italia. Mentre mazziniani e garibaldini sollecitavano la conquista armata
di Roma, la Destra
storica era contraria: temeva la reazione della Francia, cattolica e schierata
con il papa. Si cercò allora l'accordo: con la Convenzione di Settembre l'Italia si impegnò a
difendere lo Stato Pontificio in cambio del ritiro delle truppe francesi da
Roma. La capitale venne spostata da Torino a Firenze in segno di rinuncia a Roma.
La terza guerra d’indipendenza
Nel
1866 l 'Italia affiancò la Prussia nella guerra
contro l'Austria. La terza guerra d'in
dipendenza, nonostante le sconfitte italiane a Custoza e Lissa, venne
vinta dagli Italo-Tedeschi grazie alla vittoria prussiana a Sadowa. Con la pace di Vienna l'Italia ottenne il Veneto.
Roma capitale d’Italia
Il
mazziniani e i garibaldini si riorganizzarono per liberare Roma. Garibaldi,
penetrato con 3000 volontari nello Stato Pontificio, si scontrò con i Francesi
a Mentana e fu sconfitto. Fu grazie
alla caduta del Secondo Impero francese che l'esercito italiano potè entrare in
Roma, che venne annessa al Regno d'Italia. Pio IX respinse la legge delle «guarentigie» (le garanzie
offertegli dallo Stato italiano, come l'extraterritorialità del Vaticano) e con
il non
expedit vietò ai cattolici di partecipare alla vita politica italiana,
aprendo una profonda frattura tra il mondo cattolico e quello laico.
La sinistra storica al potere
La “caduta” della Destra
storica
Il 16 marzo del
1876 il presidente del Consiglio Marco
Minghetti annunciò ufficialmente il raggiungimento del pareggio del bilancio: la Destra storica aveva vinto la sua
battaglia. La Destra storica aveva scongiurato il fallimento economico e dato
credibilità internazionale all’Italia, ma la sua politica aveva dei grossi
limiti:
·
non aveva compreso l’esigenza di riforme;
·
il libero scambio aveva messo in crisi
l’economia meridionale ed esposto la nascente industria italiana alla
concorrenza straniera.
La Destra, sempre più divisa al suo interno, nel 1876
perse l’appoggio della maggioranza e “cadde”.
La Sinistra storica al potere
Il re affidò l’incarico di formare il nuovo governo al
leader dell’opposizione, Agostino Depretis.
Pochi mesi dopo si tennero le nuove elezioni, che videro la vittoria della Sinistra storica, che avrebbe governato
fino al 1896. L’8 ottobre 1876 Depretis presentò a Stradella un ambizioso programma politico. Infatti, intendeva:
·
eliminare la piaga dell’analfabetismo;
·
allargare il suffragio elettorale;
·
abolire la tassa sul macinato;
·
decentrare l’amministrazione pubblica.
Le riforme di Depretis
La Sinistra, guidata da Agostino Depretis, aveva attenuato la sua tendenza democratica, ma
rimaneva promotrice di riforme. Infatti fu proprio con Depretis che:
·
Venne emanata la Legge Coppino, che prevedeva che l’obbligo scolastico venisse
innalzato a nove anni di età. Inoltre furono aperte numerose scuole, anche
serali.
·
Si cercò una politica fiscale meno oppressiva ma
ciò fece lievitare la spesa pubblica e ricomparire il deficit del bilancio.
·
Nel 1882 una
riforma elettorale allargò il
diritto di voto a tutti i cittadini maschi maggiorenni (21 anni) che avessero
frequentato almeno la seconda elementare e che pagavano almeno 20 lire
d’imposta l’anno.
La politica parlamentare
La Sinistra vinse le elezioni del 1882 ma la Destra ottenne un buon risultato elettorale. Depretis
allora si rivolse ai deputati della Destra invitandoli a entrare nella
maggioranza, cioè a poter scegliere in che partito stare. Questo fenomeno fu
detto trasformismo e segnò la fine
di ogni distinzione ideologica e programmatica tra Destra e Sinistra. Con il
trasformismo si creò una forte maggioranza di centro. Inoltre, vennero isolate
la destra conservatrice e la sinistra estrema. Così facendo però si finì con il
favorire la corruzione: a seconda della legge da approvare si costituivano
maggioranze diverse con scambi di favori tra governo e parlamentari.
La politica economica
Negli anni Ottanta l’agricoltura
(che era ancora il settore prevalente) e l’industria entrarono in crisi.
Nel 1887 il governo, spinto da blocchi
di agrari e industriali, abbandonò la politica liberoscambista e adottò tariffe doganali per proteggere la
produzione nazionale dalla concorrenza straniera. Gli effetti del protezionismo
furono positivi sulla produzione
industriale, negativi per
l’agricoltura del Sud, colpita dalla ritorsione degli altri paesi. Inoltre, si
verificò un generale aumento dei prezzi che causò un peggioramento delle
condizioni di vita delle masse popolari, con conseguente crescita dei conflitti
sociali e dell’emigrazione.
La politica estera
Anche in politica estera la Sinistra storica operò una
radicale svolta rispetto alla Destra. Infatti, quando nel 1882 l’Italia si trovò a
dover affrontare la Francia che aveva occupato Tunisi, si alleò con la Germania
e con l’Austria dando vita alla Triplice Alleanza, che fu un accordo
difensivo. Questa alleanza:
·
Suscitò le proposte degli irredentisti, in
quanto l’Italia rinunciava implicitamente alle tere “irredente”, ancora in mano austriaca, ovvero Trentino e Friuli
Venezia Giulia;
·
Fu economicamente vantaggiosa: l’afflusso di
capitali tedeschi permise il finanziamento dell’industria italiana.
Contemporaneamente prendeva il via l’avventura coloniale,
ma il tentativo di conquistare l’Etiopia fallì con la grave sconfitta di Dogali (1887).
Dallo Stato forte di Crispi
alla crisi di fine secolo
Francesco Crispi
Alla morte di Depretis, gli succedette Francesco Crispi, che fu il primo uomo
meridionale a diventare presidente del Consiglio e che governò l'Italia per
quasi vent’anni. Era un sostenitore della necessità di uno Stato forte, e per questo avviò una politica autoritaria:
·
L'apparato amministrativo venne riformata in
senso centralista;
·
la politica filotedesca e antifrancese
portò alla "guerra doganale" con la Francia;
·
ci furono anche aperture progressiste: venne
abolita la pena di morte è
riconosciuta una limitata libertà di sciopero, ma contemporaneamente vennero
ristretti i diritti sindacali e accresciuti
i poteri della polizia.
·
fece promulgare un nuovo codice penale, noto
come codice Zanardelli.
Il primo governo Giolitti
All’autoritaria politica interna, Crispi affiancò
un’aggressiva politica coloniale. Infatti cercò di rilanciare la politica
coloniale ma la maggioranza, data la crisi economica, era preoccupata dei costi
dell'operazione. Così nel 1891
Crispi si dimise. La presidenza del Consiglio passò prima a Di Rudinì poi a Giovanni Giolitti, che dovette
affrontare il moto popolare dei Fasci
siciliani, aggregazione eterogenea di lavoratori che protestavano contro le
pesanti tasse, contro i latifondisti e per una più equa distribuzione delle
terre. Giolitti, accusato di debolezza per non aver adottato metodi repressivi
nella gestione dei moti e di aver coperto lo scandalo della Banca Romana, che aveva cominciato a
stampare lire n eccedenza rispetto ai limiti della legge, alla fine del 1893 si dimise.
Il ritorno di Crispi
Tornato al potere, Crispi proclamò immediatamente lo stato di assedio, cioè un provvedimento
cui si ricorre in casi eccezionali. Crispi:
·
represse duramente la protesta dei Fasci;
·
rilanciò la politica coloniale puntando alla
conquista dell'Etiopia, ma nel 1896
gli Italiani furono sconfitti presso Adua.
Travolto dalle critiche, Crispi si dimise. Terminava l'età della Sinistra
storica e si apriva un periodo di crisi
politica istituzionale.
La crisi di fine secolo
Il nuovo presidente del Consiglio, Di Rudinì, concluse con Menelik (l'imperatore d'Etiopia) un
trattato con cui l'Italia rinunciava alle pretese sulla Etiopia e limitava il
suo dominio all'Eritrea e la Somalia. Nel 1898 una grave crisi
economica colpì l'Italia. A causa dell'aumento del prezzo del pane, ci fu
un'ondata di proteste e a Milano il
generale Bava Beccaris (poi decorato
da Umberto I) ordino di cannoneggiare la folla causando una strage. Molti
dirigenti socialisti vennero arrestati, la libertà di stampa fu limitata. Data
la situazione, Di Rudinì si dimise e fu sostituito dal generale Pelloux, il quale intendeva proseguire
con la linea repressiva. L'ostruzionismo dell'estrema sinistra lo costrinse
però a sciogliere le camere e a indire nuove elezioni che videro avanzare i
socialisti.
Le conseguenze del regicidio
Negli ambienti anarchici maturò l’idea di vendicare tutte
quelle vittime de cannoni di Bava Beccaris. Per questo il 29 luglio 1900 l'anarchico Bresci
uccise il re Umberto I. La morte del re aprì nuovi scenari di concordia fra gli
Italiani e tra le forze politiche. Il nuovo re Vittorio Emanuele III affidò il governo a Zanardelli. Giovanni Giolitti divenne ministro degli interni:
inizia così l'età giolittiana.
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