L’arretratezza dell’Italia
L’arretratezza dell’agricoltura
Nell’Ottocento
in Italia ci fu un aumento della popolazione, ma nonostante ciò l’Italia era
arretrata. In Italia si praticava un’agricoltura
estensiva e le tecniche agricole erano poco progredite. Al Nord si
praticava ancora la mezzadria, cioè
la divisione dei terreni in poderi, ognuno dei quali era affidato a una
famiglia di contadini. Nel Sud il terreno era meno fertile e dominava il latifondo.
Una produzione ancora preindustriale
A
metà Ottocento vi erano soltanto industrie
di piccole dimensioni. Il settore
maggiormente sviluppato era il settore tessile.
Anche i settori della meccanica, della siderurgia e della cantieristica
erano arretrati.
Condizioni di vita e malattie
Le
condizioni di vita dei contadini erano difficili: vivevano in abitazioni
misere, soffrivano spesso la fame ed erano soggetti a gravi malattie come la pellagra, dovuta a un consumo esclusivo
di mais. I sintomi erano infatti un arrossamento della pelle, seguito da un
malessere generale. Un’altra tipica malattia dell’Ottocento era la tubercolosi, causata dall’umidità delle
abitazioni e dalla scarsa alimentazione. Le precarie condizioni igieniche
favorivano poi la diffusione di epidemie, come quelle di vaiolo, tifo, colera. Molto conosciuta era la malaria, che provocava la morte.
Perché l’Italia era arretrata?
L’Italia
quindi era molto arretrata, rispetto ad altri paesi sviluppati come
l’Inghilterra e la Francia. Questo
ritardo era dovuto a varie cause:
·
mancanza
di materie prime, di una rete viaria adeguata e di investimento;
·
basso
reddito e autoconsumo, che impedivano lo sviluppo del mercato interno;
·
divisione
politica, che ostacolava la circolazione di merci e persone.
Il dibattito risorgimentale
L’origine dell’idea d’Italia
Il
processo che portò alla formazione di un unico Stato italiano venne definito
Risorgimento: anche se l'Italia, prima dell'Ottocento, non era mai stata unita,
si era formata nel corso dei secoli una nazione italiana. Dal Medioevo si era
infatti sviluppata un'identità culturale
italiana e la consapevolezza di un comune interesse economico.
Il movimento risorgimentale
L’idea
d’Italia si diffuse grazie al dibattito
risorgimentale, che si articolò in due schieramenti:
·
i
moderati (destra risorgimentale) che
sostenevano la necessità di coinvolgere la monarchia sabauda e di raggiungere
l'unità gradualmente;
·
i
democratici (sinistra
risorgimentale) che ritenevano opportuno puntare sul coinvolgimento del popolo
e creare una repubblica.
La repubblica democratica di Mazzini
Giuseppe Mazzini nel 183l fondò
il movimento politico la
Giovine Italia ,
affinchè l'Italia diventasse una repubblica democratica «una, libera, indipendente e repubblicana». Il movimento rifiutava
la segretezza della Carboneria, che aveva reso impossibile il coinvolgimento
popolare. Aderì alla Giovine Italia anche Giuseppe
Garibaldi, che poi se ne distaccò. I motti di Mazzini erano:
·
Dio
e popolo:
perché gli individui e i popoli erano chiamati da Dio a contribuire al bene
dell'umanità.
·
Pensiero
e azione:
perchè secondo Mazzini il pensiero teorico non andava staccato dall'azione
concreta.
·
Educazione
e insurrezione:
perché la popolazione andava istruita sulla causa dell'indipendenza e spinta
all'insurrezione;
Tuttavia
l'azione falli, in quanto nessun tentativo di insurrezione riuscì e Mazzini fu
accusato di aver spinto molti giovani a un inutile sacrificio.
La repubblica federale di Cattaneo
Vicino
all’intento di creare una repubblica di Mazzini fu Carlo Cattaneo, che però voleva creare una repubblica federale (come gli Stati Uniti e la Svizzera ) per garantire
la libertà dei diversi popoli presenti sul territorio nazionale. Per giungere a
questo tipo di repubblica, Cattaneo sosteneva che bisognava procedere attraverso
delle riforme politiche ed
economiche.
Il neoguelfismo di Gioberti
La
visione confederale venne sostenuta da Vincenzo
Gioberti, che avanzò la proposta di creare una confederazione governata dal
papa. Questa proposta venne chiamata neoguelfa.
Il moderatismo filosabaudo
Cesare Balbo, considerando
la presenza austriaca in Italia, riteneva che l'azione diplomatica piemontese
avrebbe potuto dirottare gli interessi austriaci verso i Balcani e per mettere
la nascita di una confederazione italiana sotto, però, i Savoia. L’esponente
più significativo fu Camillo Benso conte
di Cavour che seppe individuare in concreto la via per giungere all'unità
d'Italia.
L’esplosione del quarantotto
La
rivolta iniziò in Francia e la popolarità di Luigi Filippo d’Orleans uno dei sovrani meno oppressivi crollò a
causa della politica economica del Primo ministro Guizot. La politica di Luigi Filippo d’Orleans e di Guizot era
espressione degli interessi della borghesia. Gli oppositori erano numerosi:
·
Socialisti: che chiedevano
riforme economiche e sociali per una più equa distribuzione della ricchezza;
·
Democratici: che avevano come
obiettivo il suffragio universale;
·
Repubblicani: che miravano
all’allontanamento del re e alla formazione di una repubblica;
·
Legittimisti: che
rivendicavano i diritti al trono dei Borboni.
Le
opposizioni organizzarono la campagna
dei banchetti per richiedere la riforma elettorale, ma quando uno di essi
venne proibito, il popolo parigino insorse e in soli tre giorni proclamo la
seconda Repubblica.
Un inizio promettente per i rivoltosi
I
rivoltosi crearono un governo
provvisorio che emanò provvedimenti democratici: introdusse il suffragio
universale maschile, abolì la pena di morte, cancellò i titoli nobiliari e
dichiarò la fine della schiavitù nelle colonie. La cosa più importante che fece
fu, però, la creazione degli ateliers
notionaux (laboratori nazionali), per dare lavoro ai disoccupati, ma
l'esperimento fece emergere le divergenze tra liberali e socialisti.
Dalla Repubblica al Secondo Impero
Le
elezioni di aprile (a suffragio
universale maschile) videro l’affermarsi dei moderati che ridussero la giornata
lavorativa e cancellarono gli ateliers nationaux
e obbligarono tutti gli operai ad arruolarsi nell’esercito. Operai e
disoccupati insorsero ma la rivolta venne subito repressa. Una nuova
Costituzione stabilì l'elezione diretta del presidente della Repubblica con
forti poteri e Luigi Bonaparte venne
eletto. Questo trasformò la repubblica in una dittatura personale, facendosisi
proclamare imperatore.
La rivolta nell’Impero asburgico
La
notizia dell'insurrezione di Parigi diede il via alle rivolte in tutta Europa.
Il 13 marzo 1848 la protesta scoppiò
a Vienna per poi allargarsi a tutto l'Impero, Italia compresa. I governi
rivoluzionari di Italia, Cecoslovacchia e Ungheria si proclamarono autonomi e
indipendenti. Ma nonostante la vastità della protesta, l'Impero riuscì a
reagire, sfruttando le divisioni represse. Prima venne repressa a Praga e poi a Vienna, dove il re abdicò in favore del nipote Francesco Giuseppe.
La rivolta negli Stati tedeschi
La
rivoluzione scoppiò a Berlino il 14 marzo 1848, e da lì si propagò poi
in tutti gli Stati tedeschi, sollevando il problema dell'unità nazionale. Fu
istituita un'Assemblea Nazionale Costituente. La Germania ora doveva
scegliere se diventare:
·
Una
grande Germania, comprendente anche
l’Austria;
·
Oppure
una piccola Germania, escludendo
l’Austria.
Inizialmente
prevalse la “piccola Germania”, ma il progetto fallì.
Il quarantotto in Italia
Il “biennio delle riforme”
Il
periodo che va dal 1846 al 1848 è noto come biennio delle riforme. Ebbe inizio
con l'elezione di papa Pio IX il quale, pur essendo un moderato, suscitò le simpatie
dei liberali a causa di alcune aperture progressiste. Nel Regno delle Due
Sicilie il rifiuto di attuare qualsiasi riforma scatenò la rivolta popolare.
Così Ferdinando II, spaventato, proclamò l'autonomia della Sicilia e concesse la Costituzione. Seguirono
le Costituzioni del Granducato di Toscana, del Regno di Sardegna (Statuto
Albertino) e dello Stato Pontificio.
Lo scoppio della prima guerra d’indipendenza
Alla
notizia dell'insurrezione di Vienna,Venezia
e Milano insorsero, e la protesta si
estese anche in zone non sottoposte al dominio asburgico. Molti premevano per
l'intervento di Carlo Alberto di Savoia, il quale dichiarò guerra all’Austria
allo scopo di acquisire nuovi territori e impedire che l'iniziativa
indipendentista fosse condotta da democratici e repubblicani. Per lo stesso
motivo Pio IX, Leopoldo II di Toscana e Ferdinando II di Napoli inviarono
truppe in aiuto a Carlo Alberto. La guerra assunse cosi carattere federale. Dopo
le sconfitte di Goito e Pastrengo, gli Austriaci guidati da Radetzky si asserragliarono nella zona
del «quadrilatero» (Mantova,
Peschiera, Legnano e Verona). Sotto la minaccia di uno scisma da parte
dell’Austria Pio IX si ritirò dal conflitto, seguito da Leopoldo II e
Ferdinando II.
I Piemontesi da soli: la guerra regia
Pur
rimasto solo, Carlo Alberto vinse a Curtatone
e Montanara, poi a Goito e Peschiera. Ma lo scontro con gli Austriaci non era ancora avvenuto.
Milano, Parma, Modena e Venezia furono annesse al Regno di Sardegna. Gli Austriaci
però ebbero il tempo di reagire e sconfissero le truppe piemontesi a Custoza. Con l’armistizio Salasco, firmato a Vigevano il 9 agosto 1848,
si chiudeva la prima fase della guerra. I patrioti non accettarono la sconfitta
e una nuova ondata di protesta percorse la penisola:
·
nello
Stato Pontificio, fuggito Pio IX,venne
costituita la Repubblica Romana
guidata da Mazzini, Armellini e Saffi;
·
in
Toscana, fuggito Leopoldo II, Guerrazzi,
Montanelli e Mazzoni costituirono un triumvirato con l'obiettivo di instaurare
la repubblica.
Carlo
Alberto decise allora di riprendere il conflitto con l'Austria, ma il suo
esercito fu pesantemente sconfitto a Novara.
ll sovrano sabaudo abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II e con l'armistizio di Vignale, il Regno di
Sardegna tornò ai confini precedenti: finiva cosi la prima guerra d'indipendenza. In seguito, le repubbliche instaurate
in Italia caddero e Venezia si arrese agli Austriaci.
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