mercoledì 10 agosto 2016

La prima rivoluzione industriale



Una definizione, molti aspetti

Un processo di radicale trasformazione
La prima rivoluzione industriale fu il risultato di un insieme di innovazioni economiche e sociali che furono in grado di mutare la vita dell’uomo in tutti i suoi aspetti. Questo fenomeno ebbe inizio in Inghilterra alla fine del Settecento. Nell’arco di un secolo, l’agricoltura venne superata dall’industria. Le città crebbero rapidamente e la popolazione complessiva raddoppiò. La prima rivoluzione industriale ebbe inizio in Inghilterra per diversi fattori:
·         Con la rivoluzione inglese si diffuse la libera circolazione delle merci;
·         Si creò un efficiente rete di trasporti;
·         Si diffusero le recinzioni (già affermatesi nel Cinquecento), che portarono ad ingenti capitali da investire;
·         Vennero allontanati i contadini di villaggi agricoli, che dovettero intraprendere un nuovo lavoro nelle città;
·         Con la colonizzazione, l’Inghilterra dispose di un grande mercato internazionale per la vendita dei suoi prodotti;
·         L’isola era ricca di materie prime (come carbone e ferro);
·         L’Inghilterra detenne un primato indiscusso nell’ambito delle più importanti scoperte tecnico-scientifiche.
Lo sviluppo degli altri paesi
Subito dopo l’Inghilterra, un altro paese colpito dalla prima rivoluzione industriale fu il Belgio. Questo paese fu oggetto della rivoluzione per un notevole sviluppo agricolo, commerciale, minerario,… Poi seguirono la Svizzera, la Francia e la Germania. Quest’ultima utilizzò le “banche d’affari” per aumentare l’apparato produttivo. Sempre nello stesso periodo altri stati furono influenzati dalla rivoluzione industriale, tra cui: gli Stati Uniti, il Giappone, la Russia e l’Italia.
Due fondamentali periodi
La prima rivoluzione industriale, comunque, si può dividere in due momenti:
·         Il primo periodo, che fu caratterizzato dall’espansione della produzione tessile;
·         Il secondo periodo che, invece, fu caratterizzato dalla nascita delle ferrovie e dallo sviluppo del settore siderurgico.
Nonostante questa divisione, però, l’intero sviluppo del sistema produttivo industriale si manifestò con una ciclicità.
Scienza e tecnica
La rivoluzione industriale, tuttavia, non sarebbe stata possibile senza innovazione tecnologica. Questa innovazione, però, può derivare da due storie diverse:
·         da un lato quella dei tecnici, uomini magari privi di cultura, ma molto geniali;
·         dall’altro quella degli scienziati.
La meccanica del settore tessile
Il primo settore ad essere influenzato dalla rivoluzione industriale fu quello tessile, in quanto vi fu l’introduzione di una nuova macchina che aumentasse la produzione. Questa macchina tuttavia causava una “strozzatura” del processo produttivo, ovvero un obbligo di creare un’altra invenzione per poter continuare. La sequenza delle innovazioni si fa generalmente iniziare con l’invenzione della spoletta volante che permise di quadruplicare la produttività del telaio. Tuttavia la vera e propria innovazione si ha con i filatoi idraulici che sostituirono quelli azionati manualmente facendo così aumentare la produttività. Con tutte queste innovazioni, si vennero a creare le prime fabbriche situate in luoghi dove si potevano sfruttare i corsi d’acqua. 
Il caso della chimica
Le innovazioni non erano semplicemente collegate alle conoscenze scientifiche, ma anche chimiche. Infatti, la produzione di tessuti richiedeva l’utilizzo di telai meccanici: era questo, ad esempio, il caso del candeggio, cioè il processo per sbiancare la lana, o la tintura dei tessuti.
La macchina a vapore
Le conoscenze scientifiche portarono allo sfruttamento di nuove fonti di energia. In questo campo, la maggior innovazione fu l’invenzione della macchina a vapore, che consentì l’utilizzo dell’energia chimica del carbone. Questa macchina venne inventata da Thomas Newcomen e, successivamente, migliorata da James Watt. La macchina a vapore ebbe un influenza notevole sulla diffusione della prima rivoluzione industriale, perché era in grado di essere utilizzata nei più svariati settori. Con la sua applicazione tutto cambiò:
·         nelle attività minerarie, poiché la macchina a vapore consentì l’introduzione di aria nelle miniere e di prosciugare l’acqua nei pozzi;
·         nell’agricoltura, con l’introduzione delle macchine agricole;
·         nell’industria, con la possibilità di situare le fabbriche anche nelle città.
Il problema degli investimenti
Inizialmente lo sviluppo dell’industria inglese fu sostenuto da capitali provenienti dalle attività agricole e commerciali. Però ben presto si passò all’autofinanziamento, cioè al reinvestimento, da parte delle imprese, dei profitti ottenuti. Successivamente si ricorse a nuove forme d’investimento, arrivando alla nascita delle società per azioni: il capitale di un’azienda venne suddiviso in tante quote, dette azioni, che venivano acquistate. La Borsa divenne, così, lo specchio dell’economia del paese. Infine un’ulteriore innovazione fu portato dalla nascita della ferrovia e della siderurgia, che implicava un’immensa disponibilità di capitali. Ciò coinvolse sempre di più le banche e lo Stato. Questa evoluzione avvenne gradualmente in Inghilterra, mentre negli altri paesi non fu così. 

Il prodigio della macchina a vapore

I primi tentativi: la macchina di Newcomen
La macchina a vapore venne inventata per pompare acqua dal fondo delle miniere. Questa macchina però aveva un grande difetto, cioè lo spreco eccessivo di vapore. Chi comprese e corresse questo difetto fu James Watt che rese la macchina a vapore uno strumento universalmente utilizzabile. 
Il successo: la macchina di Watt
James Watt proveniva da una famiglia scozzese di non comune cultura. A 19 anni si trasferì a Londra per lavorare in una bottega, ma fu richiamato in Scozia per perfezionare la macchina a vapore di Newcomen. Dopo un attento studio Watt ne comprese il difetto, cioè scoprì che la macchina di Newcomen consumava più vapore di quello che la caldaia produceva. Watt chiese e ottenne il brevetto per modificarla, ma l’inventore non aveva i soldi per produrre una nuova macchina. Così Watt cominciò a lavorarci in ritardo, ottenendo però notevoli risultati.
Dalla locomotiva alla ferrovia
All’inizio dell’Ottocento l’inglese Richard Trevithick costruì un prototipo di locomotiva a vapore. Vennero apportati numerosi miglioramenti, ma fu sicuramente George Stephenson a portare un notevole miglioramento tecnologico al treno, anche grazie alla nascita dei binari. Nel 1825 la locomotiva di Stephenson inaugurò la prima linea commerciale per il trasporto esclusivo di merci e successivamente venne inaugurata invece la prima linea per il trasporto dei passeggeri. Quindi Stephenson fondò la prima fabbrica di locomotive

Le risorse umane e la questione sociale

Il ruolo degli imprenditori
L’imprenditore è una persona che gestisce un'attività economica d'impresa assumendosi il cosiddetto rischio d'impresa. Alcuni studiosi si sono richiamati alle tesi di Max Weber. Secondo Weber la mentalità protestante è particolarmente adatta allo sviluppo industriale. Altri studiosi hanno sottolineato il ruolo dell’istruzione, con lo sviluppo delle scuole tecniche. Altri ancora hanno posto in evidenza il ruolo delle minoranze, il cui spirito imprenditoriale è sollecitato dall’essere escluse da forme più garantite di guadagno.
La città e la questione sociale
La diffusione delle fabbriche anche nelle città favorì un accrescimento della popolazione urbana. Emblematico fu il caso di Manchester, la capitale dell’industria cotoniera. È facile immaginare la situazione drammatica che si venne a creare in queste città. In pochi anni furono costruiti dei veri e propri quartieri. Le drammatiche condizioni delle classi sociali inferiori furono al centro dell’attenzione dei più importanti politici e teorici: è appunto a questo problema che venne dato il nome di questione sociale.
La condizione operaia
Ancora più drammatica era la condizione dei lavoratori nelle fabbriche: la durata della giornata lavorativa era massacrante, gli operai lavoravano in ambienti malsani ed erano uno strumento delle macchine. Anche le donne e i bambini venivano sottoposti a queste dure condizioni. Principalmente nell’industria tessile, l’impiego di manodopera minorile e femminile fu massiccio. Le donne e i bambini venivano assunti per convenienza economica e per la maggiore docilità nell’eseguire il lavoro richiesto. Quindi con l’avvento della rivoluzione industriale la situazione dei lavoratori peggiorò notevolmente.
Le prime forme di protesta: il luddismo
All’inizio dell’Ottocento, la protesta operaia si manifestò con la distruzione delle macchine. Questi atti di vandalismo presero il nome di luddismo. La zona maggiormente colpita fu il Nottinghamshire, in quanto era molto più arretrata per quanto riguarda l’aspetto tecnologico. Per spiegarne il motivo bisogna ricordare il blocco continentale posto da Napoleone contro i commerci inglesi. Inoltre occorre tener presente che l’unico modo che gli operai avevano per protestare era la distruzione delle macchine. In ogni caso, il luddismo venne represso drasticamente con numerosi soldati e con l’approvazione di una legge che condannava i luddisti alla pena di morte. Inoltre, negli anni Venti e Trenta dell’Ottocento sorsero le prime organizzazioni sindacali a difesa dei lavoratori e si diffusero nuovi strumenti di lotta, come lo sciopero.

Le donne in fabbrica

Mai in concorrenza con gli uomini
L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro fu una novità sconvolgente per quel tempo. Il lavoro in fabbrica era ritenuto incompatibile con il ruolo della donna non solo perché contrastava con la tradizione, che attribuiva alla donna la funzione di madre e di addetta alla cura della casa, ma anche perché si temeva che potesse portare le donne a dei comportamenti immorali. Tuttavia nelle fabbriche si diffuse una visione dualistica dell’ordine industriale: le donne erano al servizio degli uomini, mai in concorrenza con essi. 
Ai margini del movimento operaio
In fabbrica, le donne erano generalmente sottoposte a capi rudi, pronti ad abusare di loro. Il loro corpo era percepito dai maschi come un possesso comune. Questa manodopera giovane era vittima di un continuo assillo sessuale denunciato dalle donne come una forma di “nuova feudalità”. Le donne erano anche nel movimento operaio che aveva costruito la sua identità in modo virile con l’esaltazione della forza fisica. L’attività sindacale presupponeva disponibilità di tempo, possibilità finanziare, l’abitudine a intervenire nei pubblici dibattiti. I primi scioperi delle donne aveva un semplice obiettivo: migliorarle condizioni di lavoro. Ma lo sciopero femminile si differenziava da quello maschile, in quanto spesso assumeva il ruolo di una fuga, di una festa. Poco sostenute vedevano i loro scioperi fallire.

Agricoltura e demografia

La rivoluzione agricola
Anche la produzione agricola segnò un notevole e diffuso incremento, soprattutto in Gran Bretagna, Francia e Germania. Ciò si verificò grazie a tre principali fattori:
·         la progressiva liberazione dei contadini da ogni vincolo feudale nei confronti dei nobili, che portò all’ampliamento delle terre coltivate;
·         l’affermazione di nuove tecniche di coltivazione e di rotazione delle colture: si passò dalla rotazione triennale in cui si lasciava sempre un campo a riposo, alla rotazione quadriennale, in cui il campo prima lasciato a riposo veniva suddiviso e coltivato. Questo cambiamento venne accompagnato anche dalla produzione di concimi artificiali;
·         l’utilizzo delle macchine agricole per la strutturale mancanza di manodopera.
Per quanto riguarda l’Inghilterra va ricordato che venne abbandonato il sistema tradizionale, i cui fondamenti erano:
·         i campi aperti: campi non recintati di proprietà individuale;
·         i campi chiusi: campi recintati di proprietà individuale dove i proprietari decidevano liberamente il tipo di coltivazione;
·         le terre comuni: campi non recintati di proprietà comune.
Fra il Seicento e il Settecento venne portato a termine il processo delle recinzioni. Nelle fattorie più sviluppate si potè assistere alla diffusione dell’aratro industriale e alla nuova tecnica di disposizione dei semi.
Una civiltà “idrovora”
Nell’epoca della rivoluzione industriale, il mondo rurale dovette affrontare un problema nuovo, la necessità d’acqua. All’inizio il bisogno di acqua indusse gli industriali a costruire le fabbriche vicino le rive dei fiumi. Ma successivamente fu l’acqua ad essere portato alle fabbriche, tramite canali. Esisteva poi il problema opposto: liberarsi degli scarti delle lavorazioni, con cui si avvelenarono i fiumi e i ruscelli.
La rivoluzione demografica
A partire dalla metà del Settecento, lo sviluppo demografico fu ininterrotto. In Europa l’aumento della popolazione fu particolarmente accentuato. Le principali cause di questa ininterrotta crescita demografica furono soprattutto la diminuzione del tasso di mortalità e il prolungamento della vita media. Per questo si parla di rivoluzione demografica, perché la rivoluzione industriale terminò il definitivo tramonto del regime demografico dell’antico regime. Ad esso si sostituì il regime demografico industriale, non più ciclico ma caratterizzato alla veloce crescita della popolazione. 
Le cause del calo di mortalità
Il calo di mortalità del Settecento viene ricondotto a diverse cause: la mortalità dovuta alle guerre, lo sviluppo della medicina e dell’igiene, e anche un miglioramento dell’alimentazione a causa delle innovazioni agricole. La differenza dell’aumento demografico fu legata anche ai diversi modelli di sviluppo industriale:
·         l’Inghilterra conobbe un eccezionale e tumultuoso progresso, che ebbe come conseguenza l’aumento delle nascite;
·         la Francia seguì una crescita lenta e costante con analogo andamento demografico;
·         gli Stati Uniti rappresentarono un caso ancora diverso, in quanto l’incremento demografico fu determinato prevalentemente dall’immigrazione.

L’alimentazione dei poveri

L’affermazione della patata e del mais
Le abitudini alimentari erano strettamente legate alle produzioni locali. L’alimentazione di base era costituita da minestre di verdura e pane. Fu la fame a favorire l’affermazione della patata e del mais. Infatti anche la polenta divenne la base dell’alimentazione dei contadini dell’Italia del Nord. Invece nell’Italia centro-meridionale l’alimento che maggiormente si diffuse fu la pasta

In allegato vi metto il link per quanto riguarda la seconda rivoluzione industriale: http://gossipofvips.blogspot.it/2016/08/la-seconda-rivoluzione-industriale.html


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