mercoledì 10 agosto 2016

Giovanni Boccaccio





La vita
Giovanni Boccaccio nacque nel 1313 a Firenze. Era figlio illegittimo del mercante Boccaccino di Chiellino. Successivamente venne legittimato e accolto in casa del padre. Dopo aver cominciato gli studi a Firenze, si trasferì a Napoli con il padre. Qui sviluppò uno spirito di osservazione, una conoscenza dei caratteri, dei costumi e dei vari ceti sociali. Partecipava alla vita raffinata dell’aristocrazia e della ricca borghesia napoletane. Così si sviluppano in lui due fondamentali conoscenze: quella “borghese”, attenta alla realtà concreta della vita sociale ed economica; e quella “cortese”, attenta ai costumi signorili e di magnanimi comportamenti. In questi anni napoletani si afferma in Boccaccio la sua vocazione letteraria. Boccaccio si ispira alla tradizione cortese, dei versi d’amore e dei romanzi cavallereschi, ma anche ai classici latini. Ammira anche i classici nuovi, quelli della letteratura volgare, come Dante e Petrarca. Nel 1340 Boccaccio è costretto a tornare a Firenze con il padre, a causa della crisi della banca dei Bardi. Quindi alla vita napoletana si oppone una vita opprimente borghese. Vive l’esperienza della peste, da cui trarrà spunto per la cornice narrativa del Decameron. Negli ultimi anni si verifica in Boccaccio un evoluzione spirituale. Coltiva una letteratura più solenne e moralmente impegnata. Sceglie di diventare chierico, come Petrarca, in seguito all’autorizzazione del papa di aver cura delle anime. Negli ultimi anni, conduce una vita appartata, dedita allo studio, alla meditazione e alla stesura di opere erudite. Muore a Certaldo nel 1375.

Le opere del periodo napoletano

Nelle opere del periodo in cui Boccaccio visse a Napoli, sono presenti vari interessi dell’autodidatta e una materia autobiografica. La curiosità di Boccaccio lo spinge a riprendere i testi classici e quelli della tradizione medioevale. La prima opera è la Caccia di Diana, un poemetto in terzine. Le ninfe seguaci di Diana si ribellano alla dea ed offrono le loro prede a Venere, che trasforma gli animali in bellissimi uomini. Quindi alla base del poemetto c’è il principio cortese secondo cui l’amore è fonte di ingentilimento e di elevazione. La prima opera di impegno è costituita dal Filostrato, un poemetto che presenta le vicende di personaggi del mito  omerico con costumi cavallereschi e feudali. Il titolo significherebbe “vinto d’amore”. Al contrario il titolo del Filocolo, significherebbe “fatica d’amore”. È un’opera narrativa, ma in prosa. Riprende la storia delle peripezie di due giovani amanti. Boccaccio sovraccarica la trama narrativa con descrizioni, divagazioni mitologiche, storiche, geografiche, letterarie, di lunghissimi monologhi sentimentali; inoltre adopera una prosa complessa ed elaborata. L’opera successiva è il Teseida delle nozze d’Emilia, un poema intitolato così perché narra le guerre del mitico re Teseo contro le Amazzoni e contro Tebe. Quindi si tratta di un poema di argomento medioevale. Al centro della storia ci sono le vicende degli amici Arcita e Palemone, che si innamorano entrambi di Emilia, regina delle Amazzoni e cognata di Teseo. La narrazione è appesantita dalle preoccupazioni retoriche ed erudite.

Le opere del periodo fiorentino

L’allontanamento da Napoli per ritornare a Firenze è doloroso per Boccaccio. Però capì che doveva inserirsi in un nuovo ambiente culturale. Decide di riprendere la poesia allegorico-dottrinaria. Quindi compone opere sul modello di Dante. La Comedia è una narrazione in prosa, formata da terzine, raccontate da  vari personaggi. Il pastore Ameto incontra le ninfe dei colli fiorentini e grazie all’amore si trasforma da essere rozzo ed animalesco in un uomo. A contrario di Dante, che dava una valenza religiosa ai suoi componimenti, questa ha un significato mondano. L’opera è un omaggio alla bellezza delle donne fiorentine. L’Amorosa visione è invece un poema in terzine di cinquanta canti. Il poeta visita, in sogno, un castello, grazie alla guida di una donna gentile, dove vede dipinti i trionfi della Sapienza, della Gloria, dell’Avarizia, dell’Amore e della Fortuna. Anche in questo caso, lo schema allegorico dantesco è trasformato in senso laico. L’Elegia di Madonna Fiammetta è un romanzo in prosa, in cui Boccaccio prende le distanze dall’esperienza napoletana. Egli infatti narra dal punto di vista di una dama napoletana abbandonata dall’amante, il giovane fiorentino Panfilo, che l’ha dimenticata. Fiammetta attende invano il suo ritorno, ricordando i tempi dell’amore felice. Il tormento è accentuato dal fatto che Fiammetta è sposata e deve nascondere al marito il motivo della sua infelicità. Il marito, per consolarla, la porta a visitare quei luoghi napoletani dove erano stati felici. L’opera è come una lunga lettera, dedicata alle donne. Il Ninfale fiesolano è un poemetto di ambiente idillico-pastorale, che rievoca le origini di Fiesole e di Firenze. Al centro della storia c’è l’amore tra il pastore Africo e la ninfa Mensola, contrastato dalle ferree leggi imposte dalla dea Diana, che costringe le ninfe alla castità. Qui c’è la rappresentazione di un mondo popolare, nei costumi semplici e nei sentimenti elementari. Il linguaggio e il ritmo hanno un ritmo facile.

Il Decameron



Il Decameron è una raccolta di cento novelle, racchiuse in una cornice narrativa. L’autore racconta come, durante la peste che nel 1348 devastò Firenze, una brigata di dieci giovani, sette ragazze e tre ragazzi, decida di cercare scampo al contagio ritirandosi in campagna. Qui trascorrono il tempo tra banchetti, canti, balli e giochi, e per occupare il tempo pomeridiano decidono di raccontare ogni giorno una novella ciascuno. Quotidianamente viene eletto un capo, a cui tocca fissare un tema ai narratori. Nell’introduzione ad ogni giornata viene descritta la vita gioiosa della brigata, in cui tutto si svolge secondo precisi rituali. Ogni giornata termina con una “conclusione”, in cui è inserita una ballata, cantata da uno dei giovani. I nomi dei giovani richiamano quelli dei personaggi delle opere precedenti di Boccaccio (Fiammetta, Panfilo, Filostrato), o personaggi letterari, Lauretta (Petrarca), Elissa (la Didone virgiliana), o la mitologia (Dioneo allude alla dea Venere).  

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